venerdì 11 luglio 2008

Le ultime


Copio/incollo da "Giornale.it" a firma Luca Fazzo
Spuntano molti nomi inattesi nelle carte dell’inchiesta «Metallica», la retata della Dia che all’alba dell’altro ieri ha portato in carcere 24 persone, in testa al gruppo il boss della ’ndrangheta Pepè Onorato. I tentacolari rapporti d’affari gestiti dalla base nel bar Ebony di via Ampére portavano il clan in contatto sia con altri pezzi da Novanta della Milano nera che con personaggi insospettabili. Sotto inchiesta per riciclaggio sarebbe persino Giuliana Verzè, sorella del fondatore dell’ospedale San Raffaele, che con uno dei «colletti bianchi» al soldo di Onorato avrebbe scambiato assegni per ventimila euro. Tutto da verificare, ovviamente, quanto e come la donna fosse a conoscenza della reale natura dei suoi interlocutori. Ma nel frattempo Giuliana Verzè è finita nel registro degli indagati.Un altro nome inatteso, che testimonia dei multiformi interessi del vecchio boss, è quello di Gianfranco Montali, ex presidente dell’Imperia Calcio. Montali, che è stato messo agli arresti domiciliari, bussa alle casse del clan per tappare i buchi nelle casse sociali. «Ho bisogno per venti, venticinque giorni per tamponare la cosa della squadra entro venerdì», dice Montali in una intercettazione. E poi torna a chiedere quattrini in imminenza di un incontro per pagare gli stipendi ai giocatori: «Almeno trentamila... domani devo fare gli stipendi che domenica c’è partita... è una questione psicologica».Ma le parti più corpose dell’ordinanza di custodia sono indubbiamente quelle dove compaiono, in un’altalena di alleanza e di rivalità con gli uomini di Onorato, personaggi che hanno fatto la storia della Milano criminale. Una presenza quasi fissa delle intercettazioni è Luigi Bonanno, palermitano, legato alla famiglia mafiosa di Resuttana, che a Milano negli anni Novanta fu uno dei protagonisti dell’inchiesta Duomo connection. C’è Ugo Martello, uno dei soci fondatori della colonia milanese di Cosa Nostra. E, di sfuggita, compare persino Gaetano Fidanzati, il boss dal sorriso d’acciaio tornato da poco in libertà. Tutti, chi più chi meno, hanno contatti con Pepè Onorato. Che, nel bar di via Ampére, veniva chiamato «lo Zio». Ma che in alcune intercettazioni viene ribattezzato, senza rispetto per la sua storia e la sua età, «Pannolone».

Copio/incollo da "Il Secolo XIX" a firma Diego David.
Un muro impenetrabile circonda l’operazione antiriciclaggio della Direzione investigativa Antimafia di Milano che ha portato all’arresto di ventiquattro persone (quarantotto sono gli indagati), tra i quali l’ex patron dell’Imperia, Gianfranco Montali, trattenuto ai domiciliari in una dimora nell’entroterra ingauno, dopo che aveva abbandonato la villa sulle alture di Sant’Agata alle spalle di Oneglia. La posizione di Montali, per il quale nelle prossime ore potrebbero esserci novità, nell’“organigramma” diffuso dagli investigatori appare comunque più defilata e riguarderebbe non tanto un giro di denaro ancor più riciclato da proventi illeciti, ma un commercio, anche questo illecito, di preziosi e opere d’arte; mentre un altro filone dell’inchiesta, nel quale, però, Montali non sarebbe coinvolto, riguarda reati ben più gravi come usura, traffico di stupefacenti e messa in atto di estorsioni.
Resta da capire quale ruolo e quali episodi vengono contestati a Montali nell’ambito del traffico di preziosi e opere d’arte. Traffico che sarebbe stato coordinato da Sergio Landonio, insieme a Giuseppe Onorato (che si sarebbe occupato di usura e stupefacenti) il personaggio di maggior spicco dell’organizzazione. L’ex presidente nerazzurro ha nominato due avvocati di fiducia, Mario Tropini e Simona Aicardi. I legali stanno valutando in queste ore la posizione, delicata, del loro assistito. Per passare poi alla difesa.
Alla luce dei fatti è certamente una poltrona che scotta quella di presidente dell’Imperia calcio. Montali per cinque anni è stato l’indiscusso leader della società seppur bersaglio delle critiche e delle contestazioni dei tifosi, in particolare la frangia più calda. Un ordine di custodia cautelare domiciliare non corrisponde a una sentenza definitiva di condanna, ma prima di lui altri personaggi che avevano guidato il sodalizio nerazzurro, hanno conosciuto l’onta dell’arresto. Ultimamente era toccato a Pino Cipolla, creatore dell’ “impero Borelli” poi naufragato con lui. Oggi Cipolla - che ha chiuso ogni conto con la giustizia - vive in Umbria dove opera in una importante azienda olearia. Montali, che in quel periodo gestiva insieme al figlio un ristorante pizzeria all’ingresso del Prino, acquisita l’Imperia nel febbraio del 2003 dall’imprenditore Bettino Piro, al quale tre anni prima aveva ceduto il Savona sull’orlo del fallimento, si presentò esonerando alla penultima giornata il tecnico Pino Cavallaro per “punirlo” della sconfitta maturata a Sanremo nel derby. La stagione successiva Montali al cui fianco operava il fratello Maurizio ruppe con la “bandiera” Roberto Iannolo, rivoluzionò la squadra, tanto da dover avvicendare diversi allenatori, fino alla beffa della retrocessione in Eccellenza ai play-out. A quell’anno risalgono i primi “screzi” con la tifoseria organizzata, culminata in una serie di denunce nei confronti di alcuni Ultras. Con l’arrivo di Giancarlo Riolfo in panchina, la squadra neroazzurra sembra rinascere fino a risalire in serie D, dopo aver mietuto successi a ripetizione. Col ritorno nel campionato interregionale Montali, al quale anche i suoi più feroci detrattori non hanno mai disconosciuto un fiuto calcistico, deve salutare Riolfo che preferisce accasarsi a Savona e cominciano a sentirsi i primi sinistri scricchiolii. A quell’estate risale anche un episodio, mai chiarito.Una sorta di giallo riguardante il furto (sempre smentito, però, da Montali) di assegni che il presidente dell’Imperia avrebbe subito a Milano. Nel frattempo la Finanza inizia a indagare e negli uffici di piazza De Amicis sfilano in qualità di testimoni giocatori e collaboratori dell’Imperia, perfino il custode dello stadio. Secondo gli accertamenti delle Fiamme Gialle risulta esserci evasione fiscale, per la quale è ancora aperto, appunto, un contenzioso tra l’Imperia 1923 e il Fisco. Ma per quanto poteva apparire, non c’era nulla di più. Alla fine, comunque, sul campo giunge una sospirata salvezza. La stagione scorsa inizia con un’inattesa sorpresa: il ritorno di Giancarlo Riolfo sulla panchina nerazzurra. Col tecnico andorese arrivano fior di giocatori, la squadra vola in campionato e sembra l’unica a poter contrastare il cammino dell’Alessandria. E’ però un fuoco di paglia. Nelle tasche dei giocatori non arriva un soldo ed è l’inizio della fine. Montali decide di non tirare più fuori una lira per l’Imperia e la squadra per tre non volte non si presenta in campo. Quando la radiazione sembra ormai certa, proprio dal capoluogo meneghino arriva la ciambella di salvataggio, la Trade Line Srl, società alla quale Montali cede il pacchetto di quote. Ma la Trade Line si rivela presto una scatola vuota. Anzi, la transazione non si compie e lo stesso Montali cita in giudizio per truffa gli uomini che si celano dietro la società. Ora, anche se sul club pende una procedura di radiazione Praticamente certa) la questione delle quote dell’ U.S. Imperia 1923, di cui è custode il commercialista imperiese Carlo Amoretti, rimane ancora aperta.
Copio/incollo da "La Stampa" a firma Luca Amoretti
La parabola di Gianfranco Montali al vertice dell’Imperia Calcio è durata cinque anni, dal febbraio del 2003 all’inizio del 2008. Un’avventura travagliata quella di Montali, subentrato nella conduzione nerazzurra all’avvocato Vincenzi, che a sua volta aveva rilevato il club da Bettino Piro.
In realtà, Gianfranco Montali non ha mai rivestito ruoli dirigenziali nel club di piazza d’Armi, pur essendone, di fatto, il padrone assoluto. L’incarico di amministratore è stato infatti affidato prima al figlio Alessandro e poi, a fine 2007, a Yvon Franzoni, uno dei tanti personaggi apparsi alla corte del «patron» e chiamati a ricoprire i più svariati compiti. Montali non ha riscosso grandi consensi nel capoluogo. Mai osannato, neppure in occasione della vittoria nella Coppa Italia regionale, a Cogoleto con l’Entella, neppure quando riuscì nell’impresa di riportare l’Imperia in serie D, dove l’aveva rilevata. Era lo squadrone di Giancarlo Riolfo, l’unico allenatore rimasto relativamente a
lungo alle dipendenze del «Master »: gli altri, da Ghilino a Merlo, da Barozzi al francese Martin, da Luca Oddone a Felice Vaniglia, hanno avuto vita breve e difficile sulla caldissima panchina del «Ciccione».
Inviso ai tifosi organizzati (che lo hanno contestato praticamente dal primo giorno, con conseguenti denunce), emarginato dagli imprenditori locali, poco amato dagli amministratori, Montali ha proseguito da solo la sua avventura fino a quando le finanze nerazzurre l’hanno consentito. Poi, allestita una squadra competitiva nella scorsa stagione (nuovamente con Riolfo in panchina), si è
arreso a una realtà economica tragica, fatta di centinaia di migliaia di euro di debiti. Una situazione insostenibile, che ha convinto Montali a passare la mano, cedendo, a fine dicembre 2007, le quote a Trade Line, una società lombarda approdata a Imperia tra i proclami e svanita tra gli improperi dei tifosi.
L’esito disastroso della stagione, con lo smembramento della squadra e la cancellazione dalla serie D dopo il forfeit con la Novese è stato l’atto finale della storia nerazzurra, vissuto da Montali alla finestra, pronto ad alcuni colpi di coda (la richiesta di sequestro delle quote, il tentativo di salvare il titolo sportivo) che non hanno portato a nulla di concreto.
Copio/incollo da "La Stampa" a firma Maurizio Vezzaro
C’erano gli assegni originali a firma Trade Line nel modesto alloggio preso in affitto da Gianfranco Montali dalle parti del golf club Garlenda, a Villanova d’Albenga. Quelli pagati da Buzzetti e soci per rilevare le quote dell’Imperia
calcio: totalmente privi di copertura (e per questo Montali ha presentato in
Procura a gennaio una denuncia per truffa). La Guardia di Finanza, che è andata direttamente a casa a notificare all’ex presidente dell’Imperia calcio un’ordinanza di custodia cautelare della Dia di Milano, ha sequestrato gli asegni, documentazione bancaria e altre carte che potrebbero servire
all’inchiesta del pm milanese Celestina Gravina e al gip Cristina Di Censo. Che stanno indagando su un gruppo malavitoso legato al boss della ‘ndrangheta Giuseppe Onorato, con ramificazioni da Gioia Tauro a Milano, fino a Marsiglia. L’organizzazione avrebbe importato cocaina dal Sud America, riciclato denaro sporco investendolo nell’acquisto di opere d’arte da rivendere all’estero, fatto
prestiti a tassi usurari. L’operazione ha portato alla carcerazione di 17 persone, di cui sei sospettate di associazione di stampo mafioso, mentre per altre sette, tra cui Montali, sono stati sufficienti i domiciliari. Secondo quanto contestato
dalla Dia all’ex dirigente nerazzurro, Montali avrebbe ricevuto a più riprese soldi sospetti da ripulire in varie attività. Si parla di centinaia di migliaia
di euro, parte dei quali Montali avrebbe forse voluto utilizzarli per far uscire dalle secche dei debiti il proprio club. Non si sa però quanto ampio fosse il suo margine di manovra, una volta ottenuto il contante, perchè con lui al timone
l’Imperia ha vissuto una parabola finanziaria discendente, intervallata da qualche discreto risultato tecnico. Montali, quando ha ricevuto la visita dei detective della polizia tributaria, è sbiancato in volto e ha accusato un lieve
malore. «Ho tre by-pass», ha spiegato agli agenti del maggiore Roberto Licciardello. Ma alla fine ha rinunciato a chiamare l’ambulanza. Si è servito
del telefono per chiamare i propri legali, gli avvocati Mario Tropini di Imperia e Simona Aicardi di Andora. Presto potrebbe essere interrogato. Dovrà spiegare i contatti con i personaggi in odore di mafia con i quali ha carcato di mettere in piedi vari business, dalla società di telefonia mobile Apconet al termo valorizzatore in Puglia, i suoi frequenti viaggi a Milano e in Francia. Restano inoltre sempre in piedi l’inchiesta sull’evasione fiscale che la Finanza ha condotto un anno fa, relativa ai bilanci dell’Imperia calcio e che potrebbe costargli un’incriminazione per bancarotta, il processo a Vercelli (prossima udienza il 30 settembre), che lo vede imputato di truffa per aver spillato centomila euro a un imprenditore, abbagliato dal sogno di investimenti
nel campo dello smaltimento rifiuti. Intanto il fratello di Gianfranco
Montali, Maurizio, prende le distanze: «Mai stato suo socio», precisa in una nota firmata dall’avvocato Simona Aicardi.

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